Il maestro di pensiero ospite della Società Filosofica ha presentato i suoi due ultimi lavori nell’ambito di un incontro presso la pinacoteca provinciale.
Aldo Masullo è un Maestro. La sua è una filosofia che sa farsi narrazione, alchimia di significati alla ricerca del senso. Ogni incontro con il filosofo irpino è una riconferma di quell’eterno dialogo che con la massima semplicità, eccezionale metodo ed estrema profondità di contenuti riesce a svolgere con l’interlocutore sia esso studente o cattedratico, simbolo di quello stesso domandarsi e rispondere, l’unico vero esercizio filosofico, che è l’andare oltre la metafisica intesa come Logos che cala da una insondabile profondità dove tutto si disperde. Il maestro è tornato in città per partecipare ad un incontro organizzato dalla Società Società Filosofica Italiana sez.ne di Salerno, presieduta da Carmine Mottola, promosso in collaborazione con la provincia di Salerno e la Società Salernitana di Storia Patria, presieduta da Giuseppe Cacciatore, svoltosi presso la Pinacoteca Provinciale.
Una tavola rotonda che ha visto l’attiva organizzazione logistica di Barbara Cussino, dirigente del settore Musei e Biblioteche della Provincia di Salerno, moderata da Renata Caragliano, che ha salutato gli interventi dei docenti Giuseppe Cacciatore, Maria Paola Fimiani, e Giuseppe Cantillo, sul tema “La libertà nella società tecnologica”, attraverso cui si è riflettuto sull’ intero pensiero di Aldo Masullo e sul suo ultimo lavoro, “La libertà e le occasioni” edito da Jaca Book. “Oggi siamo molto soli – ha affermato il filosofo – non nel senso che la solitudine sia un’eccezione, perché è una dimensione propria dell’essere umano, ma siamo soli perché isolati, ognuno chiuso nella propria monade, incapace di rapportarsi all’altro in modo aperto e carico d’amore. La filosofia è l’opposto di questa situazione, perché è costitutivamente dialogo”. Provocato dall’ attenta moderatrice sulla sua attività politica, Masullo ha continuato il suo discorso rivelando che lui ha pensato di salire in politica, politica, naturalmente nel senso greco, non concepita nell’accezione attuale che è unicamente ricerca del potere, a causa di una cattiva “paideia”, che ha portato ad una società dei conflitti, alla produzione di “Legni storti”, per dirla con Kant, per una mancata educazione all’umanità positivamente intesa, ma in effetti vi è sceso, trovandosi in un contesto che tradisce ciò che è il senso dell’intera sua vita, la ricerca della verità. Di seguito le relazioni dei colleghi salernitani, a cominciare dalla sua allieva Maria Paola Fimiani, che ha schizzato un breve excursus del pensiero del suo maestro, citando “Il tempo e la grazia” del 1995, in cui il pensiero dominante è una delle questioni filosofiche per eccellenza: il tempo e l’intreccio dei tempi. Un percorso che conduce a un’originale apporto teoretico il quale non si limita a dire il tempo in rapporto al proprio significato, e quindi dal punto di vista meramente cognitivo, ma a rivelarne le connessioni con il vissuto e con il patico, ossia a rivelarne il senso. E ancora “Paticità e indifferenza” del 2003 in cui è espressa la proposta di una filosofia dell’emozione vissuta, di una patosofia come “sapere del senso” volta, contro l’evidente deprivazione emozionale che è riscontrabile negli atteggiamenti psicologici e morali contemporanei; deprivazione patica, insensibilità alla differenza, che ha il suo fondamento nell’illusione della ricerca di un senso della vita nelle cose in-differenti e non piuttosto nell’evento del sentire, nell’emozione vissuta.
Pensiero che sfocia ne’ “La libertà e le occasioni” del 2011, in cui nell’età della tecnologia trionfante il pericolo supremo sta nel cedere all’indifferenza del sentire, all’insensibilità emozionale, e nel non inorridire dinanzi al vuoto dell’assenza di sé, paventando la sparizione del mondo. Giuseppe Cacciatore in veste di storico ha portato il discorso sugli amati Giovan Battista Vico e il tentativo di fondazione della soggettività intera e Wilhelm Dilthey e la sua espressione come oggettivazione del vissuto, prima di introdurre il nuovo libro di Masullo “Il piccolo teatro filosofico” pubblicato da Mursia, un divertissement contente quattro dialoghi, trascrizioni autentiche del dialogo interiore dell’autore nella sua solitudine, per lo più affollata di fantasticati personaggi come un Benedetto papa e il principe Amleto, Giordano Bruno e un procuratore di Stato, Eraclito e un vecchio orologiaio. Parola passata, poi, a Giuseppe Cantillo che ha sottolineato, sulle tracce di Heidegger come un filosofo pensa un solo pensiero e come il tema della ricerca masulliana sia l’intersoggetività. Masullo ha concluso l’incontro con parole magnetiche La prima grande virtù dell’uomo è la verità (secondo alcuni filologi deriva dalla radice iranica ver che significa fiducia realtà).
Se noi riusciamo ad agire in modo da suscitare la fiducia degli altri, e al tempo stesso ad avere fiducia negli altri, come il pescivendolo che a Napoli afferma che la vongola è verace, ovvero che rappresenta la vera e onesta vongola e lo fa dire a lei stessa, forse potremo risollevarci dalla nostra condizione che sta cedendo al Nulla. L’ invito è a rompere il guscio d’isolamento, che non è materiale ma una volontaria reclusione dell’io.
La passione non è la cecità di lasciarsi prendere da un’urgenza, ma patire, cioè vivere profondamente e dare spessore alla storia, ponendo un freno al frenetico correre, in modo da fermarci a riflettere su noi stessi, poiché l’uomo è libero e vive in quanto trascende con il proprio pensiero la stessa vita immediatamente vissuta, quando pensa la Vita.