l festival Pucciniano ha iniziato le celebrazioni del centenario del compositore lucchese da Abu Dhabi, con Valeria Sepe, Francesco Meli, l’Orchestra del Festival Puccini guidati dalla bacchetta di Jacopo Sipari di Pescasseroli, in un applauditissimo gala. Niente “Nessun dorma!” finale ma un pezzo composto per l’occasione da Ihab Darwish
di OLGA CHIEFFI
Due cantanti che sanno sciorinare squisitezze vocali, il soprano Valeria Sepe e il tenore Francesco Meli, una fervente bacchetta pucciniana, quella del Maestro abruzzese Jacopo Sipari di Pescasseroli alla testa dell’orchestra del Festival Pucciniano, ha dato il via alle celebrazioni in terra d’Oriente al centenario della morte di Giacomo Puccini. Il luogo, il palcoscenico dell’Emirates Palace di Abu Dhabi per il Puccini Opera Gala, una delle gemme più lucenti dell’Abu Dhabi Festival, su iniziativa dell’Istituto italiano di cultura, e in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia. Valeria Sepe, che ha evocato la Lauretta del Gianni Schicchi, Mimì della Bohème, Cio-Cio-San e Tosca, ha in dote un’emissione musicalissima, capace di stupefacenti mezze voci che sa colorare di trepidante intensità. La sua voce brilla di un argento brunito, antico, per la quale spesso più che cantare ha la capacità di interiorizzare felicemente il canto e la immaginiamo perfetta Butterfly, come lo già è stata nel massimo partenopeo, per la delicatezza della sua dote, miracolosamente morbida e sensibile. Francesco Meli è tenore verdiano, ma da Ramerrez sino a Pinkerton e naturalmente all’atteso Mario Cavaradossi, tutto il corpo del cantante ha sembrato fungere da cassa di risonanza per una delle più belle e “colte” voci tenorili oggi in circolazione nel gotha internazionale. Le parole, con lui, hanno acquistato sonorità rotonda e tangibile, che ha reso perfino superflue quelle sottolineature marcate d’accento di comune pratica, in particolare in “E lucevan le stelle”. Ha ritrovato una delle “sue” formazioni d’elezione il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, l’Orchestra del Festival Puccini, che lo ha adottato da ragazzo, quale assistente e in questo coacervo di emozioni, in cui Giacomo Puccini cala cantanti strumentisti, direttore e pubblico, il maestro, siamo certi, si sia scoperto profondamente maturato dopo anni di esperienza, in particolare in questo repertorio, con una consapevole responsabilità e la ormai convinzione di aver superato la linea d’ombra di conradiana memoria. La sua intenzione è stata di abbandonarsi completamente alla pennellata morbida e sfumata, di Puccini, senza trascurare l’immediatezza tragica teatralmente formidabile, nel duetto della soffitta, con le, finalmente, eleganti corone del tenore, giocando, quindi, con i vari volti dei personaggi, che hanno da oscillare tra una grazia dolcemente cantilenante ad una ingenua e appassionata sensualità, sino al dolcissimo soffrir, quel sentimento di sciupata bellezza, per quelli femminili e quel lirismo nobile e malinconico che è di quelli maschili, tratto caratteristico dell’ispirazione pucciniana. Tre le pagine sinfoniche in cui è venuta fuori l’orchestra, il giovanile Preludio sinfonico in La maggiore (SC 32) e l’ intermezzo di Suor Angelica e il Capriccio sinfonico in fa maggiore, SC 55, in cui è riuscito a dare sufficiente morbidezza agli effetti orchestrali, assecondando con la necessaria dovizia di rubati quella particolare e libertà di fraseggio, non facile ad equlibrare, che caratterizza lo stile pucciniano. Standing ovation capeggiata dall’ Emiro Moha med bin Zayed bin Sultan Al Nayan, sovrano di Abu Dhabi, per tutti e un bis particolare, Lawlaki, un pezzo composto proprio per questo gala dal compositore emiratino Ihab Darwish. Una partitura di non semplice lettura con ottoni protagonisti dominati dalle trombe, per esprimere una melodia coinvolgente punteggiata da timbri antichi e d’Oriente quali l’ arpa e i cymbali, che potrebbe essere spunto per una colonna sonora. Suoni questi che giungendo dal passato, contemporaneamente sondano il momento attuale, profilano una congiuntura, mettono in gioco e portano in primo piano il dimenticato nell’accadere del presente, mentre dischiudono una porta sul futuro. Prendere in considerazione sia le memorie riconosciute, sia quelle che sono lontane dalla musica che resta ancora oggi eurocentrica, vuol dire intuire la natura vitale di questo linguaggio, in cui tutti possono ritrovarsi in pace. Grazie alla sensualità dei suoni, alla memoria che custodiscono e alle appartenenze che mettono in gioco, possiamo finalmente renderci conto che l’importante non è tanto avere una casa nel mondo, bensì creare un mondo in cui sentirsi a casa. Domani l’onda sonora porterà, dopo il successo arabo, il direttore generale della Fondazione Puccini in Tirana per cementare l’asse con l’Opera d’Albania del sovrintendente Abigeila Voshtina e del direttore artistico Jacopo Sipari di Pescasseroli. Con lui, in una conferenza stampa che si svolgerà domani, il vicepresidente della fondazione Paolo Spadaccini, l’ambasciatore e capo della delegazione italiana in Albania, Silvio Gonzalo, l’ambasciatore italiano in Tirana Fabrizio Bucci e Alessandro Ruggera, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura, che sosterrà economicamente tutti i titoli in collaborazione con la Fondazione Puccini. Progetto del centenario che vede in cartellone il Trittico, in scena dal 29 febbraio e a seguire, Madama Butterfly, Tosca, con nomi del calibro di Anna Pirozzi, la regista Manu Lalli, Krassimyra Stoyanova e Saimir Pirgu.