Un viaggio nella musica moderna e contemporanea a Palazzo Fruscione, sabato 27 aprile, per la serata musicale dedicata ai racconti del contemporaneo, proposta da Marco Salvio, flauto, Annalaura Tortora, violino; Maria Cristiana Tortora, cello; Marco Cuciniello, contrabbasso in dialogo con il compositore Pasquale Punzo. Li abbiamo incontrati alla vigilia della performance
di ALFONSO MAURO
“Racconti del contemporaneo”, VIII edizione «Picchì idda?»; per la sezione “Suoni” dello space d’incontri dedicati alle innovazioni artistiche e culturali dall’associazione Tempi Moderni a Palazzo Fruscione a Salerno, e in interessante contiguità-interscambio con la mostra “Letizia Battaglia. Una vita. Come un cazzotto, come una carezza”, l’Ensemble Theia (Marco Salvio, flauto; Annalaura Tortora, violino; Maria Cristiana Tortora, cello; Marco Cuciniello, contrabbasso) in dialogo con il compositore Pasquale Punzo, la giornalista e critica musicale Olga Chieffi, e con la collaborazione del giornalista e critico musicale Carlo Pecoraro, si esibirà sabato 27 aprile, alle ore 20:30, in “Qui va là?” — una non scontata egressione nel moderno e nel contemporaneo, e nel potenziale perlustrativo cui è a tale musica dato farsi strumento attraverso il linguaggio non verbale. In uno dei salotti buoni di Salerno, il palazzo di XIII secolo già cornice di numerosi eventi di rango, e particolarmente felici e insightful questi organizzati da Tempi Moderni, i Theia risponderanno dialogico-musicalmente alle istanze sovente sollevate dai compositori d’ogni periodo: forma? tempo? spazialità? tensione e distensione? — e verranno con doveroso preambolo didascalico presentati ed eseguiti i brani: “Flares” per flauto solo (2019), di Pasquale Punzo (1987 – …), prima esecuzione campana, con Marco Salvio; “Così – racconta l’autore, attorno al quale si è raccolto il nucleo fondatore dell’Ensemble – in questa breve miniatura per flauto, i suoni si riflettono, si rifrangono, si rincorrono, alternando fulgidi bagliori (flares, in Inglese) a momenti indeterminati, aurorali, come un’immagine che non è più nitida, o che non lo è ancora; “Duettini Concertati”, per violino e contrabbasso (1966), di Virgilio Mortari (1902 – 1993), con Annalaura Tortora e Marco Cuciniello; uno sguardo su una scrittura di forte controllo tecnico e viva cantabilità, nell’eredità di Alfredo Casella, figura di assoluto rilievo per il geniale e poco eseguito Mortari; da “Due voci” per flauto e violino” (1991): II movimento, Cantando, III movimento, Velocissimo e scorrevole leggero, di Stefano Gervasoni (1962 – …), con Marco Salvio e Annalaura Tortora; due movimenti in cui la tecnica di scrittura si sublima in un nuovo contrappunto, un’unità nuova, che trascenda la dualità delle corde e dell’aria dei due strumenti; il fortemente espressivo e densamente scritto “Alone”, per violoncello solo (1998), di Giovanni Sollima (1962 – …), con Maria Cristiana Tortora; dedicato alla memoria di Giancarlo Barassi; e, in prima esecuzione assoluta, “All’alga”, per flauto, violino, violoncello e contrabbasso (2024) di Marco Cuciniello (1978 – …), con l’intero Ensemble, e con una rimarchevole fonte ispiratrice e nella storia del reparto femminile dell’ospedale psichiatrico di Maggiano (LU), dove una “stanza delle alghe” veniva utilizzata in maniera terapeutica, e in una foto di Letizia Battaglia visionata dall’autore quando i Theia lo hanno invitato a scrivere un brano in occasione della mostra salernitana. Dicevamo didascalicità, analisi e divulgazione nei talk prelusivi, ma anche, e soprattutto, condivisione delle scelte estetiche e creative dei musicisti coinvolti, interpreti e compositori — sorta di loop autopoietico di feedback che coglie e ricrea l’esecuzione in performatività, in fisicità, in sonorità sospinte dalle recenti istanze compositive ai margini dell’esplorazione. Per un ascolto che sortisca dal noto, per sbirciare oltre il nitore anestetizzato e innocuo, per andarne a vedere fino in fondo anche realtà disturbanti e interroganti, o con la suadenza complessa dell’odierno. Filo rosso con una precedente esibizione dei Theia è il titolo del concerto: in un brano (“Voice” per flauto solo, di Toru Takemitsu) era al flautista richiesto di parlare, cantare, gridare, canticchiare, ringhiare, fare clic sulla lingua, pronunciare un testo parlato “Qui va là? Qui que tu sois, parle, transparence!”
Chi va là? Abbiamo raggiunto il violino Annalaura Tortora e il flauto (e già studente di composizione) Marco Salvio per qualche dichiarazione in vista dell’attesissimo concerto, con ingresso gratuito fino a esaurimento posti.
Annalaura Tortora: “L’ensemble Theia nasce l’anno scorso per volontà di un gruppo di musicisti uniti da rapporti d’amicizia e parentela, e dalla curiosità per la sperimentazione e la continua ricerca. L’idea, accolta con grande entusiasmo, origina dal compositore Punzo (che ben si sta distinguendo nel panorama nazionale ed internazionale, come il primo premio al concorso Schnittke 2019 palesa), il quale nel 2021 ci chiese di incidere per Aulicus Classics alcuni brani da lui scritti — il suo esordio discografico Solo and Chamber music. Successivamente la sua proposta di formare un ensemble (e un’associazione) — il nome ispirato a uno dei brani di cui sopra e alla suggestione del proto-pianeta del giovane sistema solare che, impattando contro la terrà, generò la luna secondo le correnti teorie scientifiche. Chiara la prospettiva: valorizzare la musica del ‘900 storico e contemporanea. L’esordio lo scorso anno; e, in progettazione, una rassegna autunnale quest’anno.
Siamo anche accomunati dalla passione per la fotografia — e quale migliore occasione, dunque, di intervenire alla mostra di Letizia Battaglia grazie alla fervorosa attività dell’associazione Tempi moderni, i cui “Racconti del contemporaneo” ci sono sembrati molto aderenti al nostro progetto, anzi ispirandoci nella creazione del concerto un cui brano è composto ad hoc per l’occasione. Lungo la sua esibizione, l’ensemble è a geometria variabile, poiché nella musica contemporanea nulla è scontato — dalla forma all’organico, estremamente variabile — e in ciò siamo scostati dal repertorio classico e moderno con i noti quartetti e trii… Si insisterà sul come si è evoluta la musica a partire dal ‘900 storico, giungendo ai giorni nostri; e si parlerà del plurilinguismo impostosi nella nostra generazione, ulteriormente diversificando gli stili dei singoli compositori.
L’auspicio è di stimolare la curiosità e la creatività del pubblico salernitano, cui far conoscere un repertorio non scontato e poco, se non quasi mai, eseguito; per dare spazio a un linguaggio insueto ma di spessore, che al contempo lasci cospicuo spazio interpretativo all’auditorio — ultimo interprete di ciò che si ascolta. Ci si auspica il pubblico tenda sempre più al di là del proprio naso (e delle proprie orecchie assuefatte), ampliando gli orizzonti e ascoltando ciò che, quantunque in prima facie sembra inaspettato, pienamente si interseca alla società odierna — e in questo caso alla mostra. Una diversa consapevolezza dell’ascolto e un arricchimento interiore.”
Marco Salvio: “Il primo brano, Flair, dopo i pur pregevoli lavori durante i suoi studi, è l’inizio vero del Catalogo di Pasquale Punzo. E parliamo di qualcosa di cucito perfettamente addosso al flauto — e durante le settimane di composizione ci sentivamo spesso, lavorando su determinate sonorità — e, come un interprete deve fare con un compositore con un lavoro di ricerca, solevo suggerirgli determinati spunti efficaci alle sue esigenze. Mi onoro di essere dedicatario di questo brano! Tre immagini, flairs, molto diverse nei parametri sviluppati e pur legate da relazioni intervallari e aventi a poetica l’immediatezza espressiva della brevitas e della circoscrizione del materiale di partenza. Le articolazioni sono molto percussive e verticali nella loro realizzazione — come i jet whistle, coprendo la boccola del flauto e aumentando la pressione dell’aria fino a far risuonare un fischio; o i giochi di whistle sounds, altra esperienza timbrica del flautista che si serve dei suoni residuali del diminuendo normalmente combattuti nella pratica quotidiana del “suono pulito”. Questi suoni sono appunto “riflesso” di quelli “veri”; e ciò che era materiale di scarto diventa “mattone” del percorso creativo.
Per quanto riguarda Stefano Gervasoni, c’è una splendida nota esplicativa sul sito dell’autore — e le sue proprie parole parlano meglio delle altrui. Il “cantando” non va inteso in senso lirico ma espressivo; il violino si dedica a dei rigonfiamenti del suono organizzati come fonemi d’un canto che non viene completato se non dalla rifrazione del suono del flauto tra le “briciole” dell’arco; il “velocissimo scorrevole leggero” gioca sull’intervallo di seconda maggiore e sulla perfetta simmetria delle due voci sia a livello timbrico (frullato e tremolo d’arco, soffiato e ad arco a mezza pressione…) sia nelle altezze. Davvero singolare quanto possa nascere da materiale apparentemente così esiguo.
In Sollima è suggestivo il trattamento delle corde vuote e dei pedali, e dei pizzicati con la mano sinistra che sembrano amplificare la polifonia del brano — è come assistere ad un oggetto da più dimensioni: il movimento melodico, il movimento armonico, le altezze… grande espressività anche qui, e una cantabilità fuori dal comune; pur nella sua scrittura per un concorso musicale, e dunque corrispondente a determinate caratteristiche di virtuosità.
Mortari è parimenti invitante e suadente, soprattutto nel secondo movimento — trascinante il terzo. Scrivere per strumenti così lontani per registro non è semplice; e la contiguità riuscita è sorprendente, i contrasti rivelatori. In quegli anni Ligeti aveva già spostato tanti limiti, parimenti Lachenmann, o Scelsi; ma la scelta di Mortari, più prossima al tonale, pur grande e impressionante nel controllo tecnico della scrittura, è ben diversa da questi contemporanei. Ciò non di meno è stato inserito con convinzione; né abbiamo preclusione alcuna per il linguaggio tonale nel quale seguitarono a scrivere grandissimi autori novecenteschi.
Infine Marco Cuciniello ci regala un brano per il quale siamo tutti grati, un rimarchevole tributo — una bella prova per lui e per noi addentrarcisi. Già guardando la partitura si avverte il “profumo di musica” — impressione confermata dallo studio e dalle esecuzioni. Si trascende la nozione di tema e si entra in uno sviluppo continuo (ma non per questo privo di forma e leggibilità) di risultato espressivo innegabile. Anche qui una fitta ricerca di originalità, con fonemi, quantunque privi di valore semantico musicale, di grande e unica forza — la paura, l’ansia ossessiva, la donna che strappa le alghe [vedi sopra], un’ostinazione, la trasfigurazione di elementi melodici. In somma, la ricerca non fine al rinvenimento del nuovo ma anche mutuazione dal e mutazione del “vecchio”; ed è in questa prospettiva diacronica che speriamo cogliere l’interesse del pubblico.