Biancaneve, Alice, Oceania, Scugnizzi, Italian Jewels, per tanti generi e ballerini, dai principianti ai professionisti, in dialogo sul palcoscenico del teatro delle Arti. Quattro licenziandi Yury Cantarella street dancer e i classici Gaia Pappalardo, Federica Giordano e Giuseppe Cuciniello, quest’ultimo, una intrigante regina di cuori
di OLGA CHIEFFI
Ogni studente d’accademia coreutica, musicale, teatrale sceglie di intraprendere un percorso non semplice, segnato da momenti difficili, di prove, ma anche di oasi felici, alle quali si accede attraverso l’impegno e la determinazione. Questo percorso di anni trascorsi quotidianamente in una aula, dove si è salvaguardato il termine Maestro e Allievo, un rapporto particolare che va ben oltre le mura della scuola, che ha da mettere l’alunno nelle condizioni tecniche e mentali idonee ad intraprendere una carriera professionistica, in un periodo destinato quindi a concludersi, per poi continuare, certamente più duramente nella ricerca di superare i propri limiti e il proprio sapere su questa disciplina che si concluderà come in tutti gli artisti, con la propria morte. L’uso del passo d’addio che si riferisce in modo chiaro al passaggio da una fase all’altra della carriera di un danzatore, è in uso da molto tempo e sembra che nasca nel periodo romantico, cioè in pieno Ottocento, periodo in cui iniziò ad introdursi la consuetudine, di preparare uno spettacolo dedicato esclusivamente alla licenziatura degli studenti pronti a lasciare la Scuola, offrendo quel cameo in cui gli allievi potevano dare una prova tangibile degli insegnamenti appresi e del livello tecnico ottenuto durante lo studio divenendo l’immagine per elevare il prestigio dell’accademia. Un periodo questo, in cui tutte le scuole cittadine lanciano al giudizio del pubblico i propri pupilli e tra queste, sicuramente la più accorsata, il Professional Ballet di Pina Testa, che ha lanciato le sue “Quattro giornate”, per presentare tutti i suoi allievi. Alla serata dedicata ai corsi medi siamo stati presenti, assistendo a due balletti, ovvero “Alice in a mirror” e “Scugnizzi”, preceduti da una parte dedicata alla tecnica, con i ballerini dei corsi spazianti dal I libero al IV regolare.
Ventaglio tecnico, per il quale ci piace citare un saggio di Luciano Anceschi “Il caos, il metodo”, per esprimere quel filo conduttore, la scelta del metodo che offre alla scuola quell’unità in ogni situazione e secondo diverse intenzioni, aperto attraverso un accattivante florilegio di musiche, aperto dal Gershwin di “Strike Up the Band”, quindi, musiche di Leroy Anderson, da “Belle of the ball” a “Bugler’s Holiday”, fino a Blue Tango, per chiudere con le danze dal Faust di Charles Gounod, dove si è vista qualche presa bassa Si è passati poi al quadro dedicato ad Alice, con le coreografie di Monica Micali. Assente lo Stregatto o gatto del Chesire, rappresentante il senso della vita, ovvero il consigliere di Alice, e con le licenziande nel ruolo del titolo, Gaia Pappalardo in coppia con Marco Protano, che per il pas de deux finale è stata la fata Confetto e Federica Giordano con Davide Guzzo, diplomatasi nelle vesti di Sylvia, la palma va a Giuseppe Cuciniello, il quale ha lasciato la scuola con il pas de deux da “The Talisman”, in coppia con Martina Coiro, una misogina, perfetta regina di cuori sulle punte, sulle tracce de’ “Le Ballets Trockadero de Monte Carlo”, compagnia che si diverte a fare delle vere e proprie parodie dei balletti classici. In queste avventure che rappresentano, in realtà, la lotta contro il tempo, dove razionalità e immaginazione si scontrano sempre in quello che è il cammino verso il diventare grandi e l’età adulta, unitamente alla crescita interiore, dove Alice, in rappresentanza di quanti, guardandosi allo specchio, iniziano un percorso di crescita, conosce se stessa e le emozioni dell’animo umano, il Cappellaio Matto, Antonio Adriatico balla il tip tap, su corografia di Antonio Romano, e il Signor Bianconiglio è Davide Raimondo, con le amiche che prendono il the su stralci del Die Fledermaus, mentre il Brucaliffo, Yuri Cantarella, sfumacchia con le sue vestali orientali, tra i funghi, in uno sfavillio di colori e ritmi, tra tazzine, fenicotteri rosa, carte e fiori. Passaggio nel sottoscala di Don Saverio, un perfetto Michele Ceruso, che agisce, quale “prete coraggio”, avviando all’arte salvifica della musica i suoi “Scugnizzi”, vestiti con abiti coloratissimi a voler indicare l’energia, la speranza, la volontà di sopravvivere di “fare” e di cambiare quel mondo composto di masse silenziose, gattopardesche, indifferenti, serrate nella propria omertà, nel vicolo del quartiere comandato da Raffaele Capasso “’o russo”.
La storia del celebrato musical la conosciamo: anche se Luca Landi ha inteso eliminare ‘o malamente, è quella di sempre, il bene soccombe, ma il seme è lanciato: Don Saverio viene tolto di mezzo da ‘O russo, ma il testimone viene raccolto da Carmine (Antonio Tortora) che non credeva nella musica e che sarà poi il primo a ri-alzare la testa. Belle voci, Gioia Consiglio (Rosa), Aurora Terrasi (Teresa), a cui si sono aggiunti il commissario Daniele Nocerino, Mimì (Gennaro Memoli) e lo stesso regista nei panni di Angelo, per riempire quello spazio sonoro dei luoghi, così come la sua coralità rafforzata dai diversi sguardi dei personaggi e il suo strizzare l’occhio a qualche blu note, a quel mood “jazzy”, che sposa perfettamente la scala napoletana, come quelle di ogni minoranza che ha sempre “cantato” la propria condizione, che con il linguaggio verbale il padrone di turno non avrebbe mai permesso di esprimere, e che solo attraverso la musica, è riuscita a spiegare e difendere la sua esistenza. Ben riuscite, sulle coreografie di Sonia Saggese, poi festeggiata dalle sue allieve che passano ai corsi superiori, le scene della ricerca degli strumenti, quella corsa per Napoli, per formare un “concertino” composto da un contrabbasso, mandola, violino, bidone, grancassa, trombone in “Arrangiamoce”, “’A città ‘e Pulecenella”, “Perzone, Perzone”, “Stateve accorte”, “Quanto tiempo ce’ vo’”, fino alla “passerella” finale sulle note di “Magnifica gente!”, che da sempre incaramella, nel finale, il dramma. Chiusura pirotecnica con tutti i maestri e i ballerini ospiti in scena, Monica Micali, Sonia Saggese, Simona Dipierri, Sara Forte, Davide Raimondo, Maria Sansone, Antonio Iavarone, Axel Palombo, Grazia De Santis, Elena Renna, Fortuna Capasso, Simona Di Giuda e Luisa Valiante, unitamente a Cesare Alfano, Simone Centanni, Davide Raimondo, Giorgio Sannino e Piero Vicinanza, con la “benedizione” di Gaetano Stella e quella di Pina Testa che ha giustamente concesso un solo giorno di riposo ai ragazzi, già al lavoro per gli esami di passaggio.