Presentato nel foyer del teatro Verdi di Salerno il gala pucciniano, per le celebrazioni del genio toscano, che vedrà il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli alla testa di una grande orchestra composta dalle prime parti dell’Opera Nazionale di Tirana e dagli strumentisti del Conservatorio “G.Martucci”, unitamente al coro della massima istituzione musicale cittadina, sostenere quattro olisti internazionali i soprano Eva Golemi e Alessia Panza, il tenore Vincenzo Costanzo e il baritono Gezim Myshketa
di OLGA CHIEFFI
“Festeggiam la serata, /com’è nostro costume! /Suoni musica grata/nei brindisi il bicchier,/e noi rapisca il fascino/ardente del piacer!” Rubiamo il motto al coro di studenti del I atto della Manon Lescaut di Giacomo Puccini, per annunciare il Gala Pucciniano offerto dal Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno, dai Teatri Kombetar i Operas, Baletit dhe Ansamblit Popullor e dal Teatro Verdi, in occasione della Festa della Musica. La presentazione è avvenuta nel foyer del massimo cittadino, alla presenza del segretario artistico Antonio Marzullo, del sovrintendente dell’Opera di Albania, la violinista Abigeila Voshtina, del direttore del conservatorio salernitano, Fulvio Artiano e del M° Jacopo Sipari di Pescasseroli. Sarà un ritrovarsi il 21 giugno alle ore 21 sul palcoscenico del Teatro Verdi di Salerno (Ingresso per invito da richiedere eventi@consalerno.it) per gli strumentisti dell’Opera di Tirana e del Conservatorio di Salerno, i quali andranno a comporre la formazione che, insieme al coro del Martucci, preparato per l’occasione da Marco Ozbic, sosterrà i soprano Eva Golemi e Alessia Panza, il tenore Vincenzo Costanzo e il baritono Gezim Myshketa, con sul podio il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli. Una serata questa, “risolta” grazie al Maestro aquilano, già docente di esercitazioni orchestrali al Martucci, che sbarca alla testa di una vera e propria corazzata albanese, made all’ Opera di Tirana di cui è direttore artistico e con cui, da Salerno ha stretto accordi per la formazione orchestrale dei suoi studenti, parte attiva delle numerose e diverse produzioni in cartellone in Albania. Un Gala pucciniano di rilievo internazionale, per una doppia celebrazione, quello firmato dal M° Jacopo Sipari di Pescasseroli, per il centenario della scomparsa del compositore, per la festa della musica e in preludio di un presto ritorno a far parte del corpo docente del nostro conservatorio, nonché in qualità di direttore dell’ Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, titolo in cartellone al massimo cittadino a novembre. “Il tema dell’amore attraverserà l’intera giornata – ha affermato il M° Antonio Marzullo, in doppia veste di docente del Martucci, nonché di segretario artistico del teatro Verdi – a partire da quello della musica, da parte di tutti, strumentisti, maestri e allievi, che con grandissimo sacrificio hanno messo su un concerto di alto profilo e che il comune ha il piacere di ospitare nel nostro massimo”. “Il conservatorio ha il dovere non solo di formare, i ragazzi, ma di divulgare la grande musica – ha continuato il Presidente del C.d.a. del Martucci Luciano Provenza – Questo è un concerto che è stato offerto alla città, con amore, per dar la possibilità a tutte le generazioni di partecipare e goderne, come stiamo facendo anche in diversi contenitori culturali di Salerno”. “Il Conservatorio non si dedica solo all’insegnamento – ha asserito il direttore Fulvio Artiano – ma oggi è tanto altro, ricerca, produzione artistica, internazionalizzazione e questo concerto è proprio il sugello di quegli scambi universitari che abbiamo avviato, da oltre due anni, non solo con Tirana, dove il maestro Sipari è direttore artistico, ma con tutta Europa, a breve si partirà con gli allievi per Tallin, per un’altra celebrazione pucciniana e gli eventi in produzione sono ad oggi oltre settanta. Riguardo il concerto si vedranno occhi lucidi, poiché vedere gli allievi presentarsi alla propria città nel proprio teatro, va veramente oltre ogni prestazione professionale e prolunga quell’onda lunga dell’amore”. “Ritorno sempre con grande piacere a Salerno – ha concluso il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli – città che mi ha accolto e in cui ritrovo allievi che ho iniziato alla pratica orchestrale da ragazzetti e che considero tutti figli miei. Un concerto del cuore perché l’orchestra sarà formata dalle prime parti delle masse orchestrali dell’Opera di Tirana che saranno a leggio con gli studenti del Martucci, su musiche di Giacomo Puccini, che è il compositore col quale e per il quale ho scelto di intraprendere la carriera di musicista. Giacomo Puccini è il compositore dell’amore, sarà quindi, questo, il concerto del cuore, nonché il concerto della speranza, poiché i ragazzi avranno quale premio, proprio quel grado di consapevolezza maggiore di aver scelto la strada giusta da percorrere”. Direttamente da Tirana, ci è giunta anche la parola amica del sovrintendente dell’Opera Nazionale, la violinista Abigeila Voshtina, la quale ha mandato in trasferta, al seguito del suo direttore artistico Jacopo Sipari, le prime parti della sua orchestra e il primo soprano solista del teatro albanese, Eva Golemi. “Sono felicissima che proprio nel giorno dedicato alla musica – ha dichiarato il sovrintendente – si realizzi questa produzione italo-albanese e che stavolta siano i nostri professori d’orchestra ad esibirsi a Salerno a fianco dei tanti ragazzi che abbiamo avuto ospiti in Tirana, attori di un concerto storico, un debutto al Verdi, istituzionale, voluto dopo due anni di sodalizio, da me e dal direttore Fulvio Artiano. Programma pucciniano e in palcoscenico ci sarà per “noi” Eva Golemi, ben quarantacinque i ruoli debuttati nella sua carriera, con particolare attenzione alle eroine del genio toscano di cui è la nostra interprete più accreditata, una donna che sa mantenere testa, grazie al suo talento e alla sua esperienza a registi e colleghi prestigiosi, con una passione per la musica che va al di là di ogni altro amore che prova nella sua vita, per cui meritava di stare in questo gala. Connubio perfetto, quindi questo 21 giugno, tra musica, Puccini, temperamento a tinte forti di noi popoli del Sud e non per ultima la forte amicizia che ci lega”.
“Tra sensazioni contraddittorie, la musica non è tenuta ad optare” scrive Jankelevitch. In questo caso il linguaggio musicale non si baserà più sul “segno”, ma sul “simbolo”, che per sua natura genera e reca significati molteplici e nuove figure, inscenando quel rito che è il concerto, in cui tutti, musicisti e pubblico faranno parte della scena.
Il programma musicale
Quattro i solisti protagonisti del concerto, a cominciare dal soprano Eva Golemi, la quale, raggiunta alla vigilia della partenza, ha rivelato di affrontare gli onori e gli oneri di questo importante invito a cantare in questo prestigioso concerto nel meraviglioso Teatro Verdi, per far musica insieme a colleghi di altissima caratura allo scopo di omaggiare il genio di Giacomo Puccini ed esibirsi nel giorno della Festa della Musica, nel giusto climax per un viaggio tra le atmosfere pucciniane che riesce così bene al M° Sipari, tracciare con la sua bacchetta. Di rimando, il soprano bresciano Alessia Panza ha dichiarato di essere particolarmente felice di debuttare al teatro Verdi di Salerno, un teatro ed una città di cui ha sentito dire solo cose meravigliose, naturalmente ringraziando per l’invito il Conservatorio Martucci e il M° Jacopo Sipari per questa concreta occasione di celebrare uno fra i maggiori uomini di teatro d’ogni tempo e la musica tutta. “Sono proprio sulle sponde del lago – ci ha rivelato il tenore Vincenzo Costanzo – per provare le due opere inaugurali del LXX Festival Puccini, “Le Willis”, prima versione praticamente sconosciuta dell’opera giovanile di Giacomo Puccini, dopo l’unica rappresentazione del 1884, con la quale il ventiseienne compositore si presentò al concorso indetto dall’editore Sonzogno e l’Edgar. Ritorno con grande gioia al teatro Verdi di Salerno per festeggiare la musica attraverso le note dell’immenso Puccini, insieme al M° Jacopo Sipari di Pescasseroli, assieme al quale concluderò il Festival a Torre del lago con la Butterfly che mi piace definire come il suo compositore “La sua più bella bambina” sia il tour pucciniano nei baltici. Sono un po’ per tutti tenore pucciniano, e ho da poco terminato di incidere a Berlino il disco delle Willy. Ricordo lo splendido Verdi dove con Daniel Oren e il compianto regista Renzo Giacchieri nel 2016 interpretai proprio Pinkerton. Avrei dovuto ritornare, ma mi ammalai, ho sconfitto il male e ora so, dopo tutto questo silenzio, di poter cantare con maggior consapevolezza, proprio perché i personaggi e la musica di Puccini hanno bisogno di quel “pathire”, di quelle ansie e di quegli smarrimenti dell’uomo moderno”.
Programma dalla scelta raffinata quello scelto dal M° Jacopo Sipari che principierà con la pagina sinfonica “La Tregenda” dalla cantata scenica-narrativa Le Villi, seconda parte dell’intermezzo, dopo l’Abbandono, attraversata da stupore, spossatezza, nevrastenia, dall’invenzione introiettiva, in cui ogni dato esterno, come in ogni opera giovanile, si ingloba assimila e distrugge, all’interno del vortice lirico. Si proseguirà con “Angiol di Dio” il finale del I atto da le Villi, la cullante preghiera di Anna, Roberto e Guglielmo, con interpreti Alessia Panza, Vincenzo Costanzo e Gezim Myshketa, con il coro, praticamente un Salve regina adattato al libretto, con le sue cadenze chiesastiche e una coda in cui fa bella mostra una perorazione alla Ponchielli, suo maestro. Eva Golemi sarà Madama Butterfly, la bimba dagli occhi pieni di malia, in duo col Pinkerton di Vincenzo Costanzo, il duetto d’amore d’una fluvialità da Richard Strauss all’italiana, sino alla smemorante coda amorosa dell’orchestra. In questa solida “casa dell’amore” può così nascere il primo vero e proprio duetto pucciniano, non un arioso del tenore e uno del soprano, ma una vera sintesi delle due anime. Si continua con Madama Butterfly: Vincenzo Costanzo sarà, il Pinkerton del secondo atto con il cantabile “Addio, fiorito asil” con Gezim Myshketa, nei panni del Console Sharpless, che dovrebbe mitigare l’avversione del pubblico nei confronti dell’insensibilità e della viltà del personaggio. Niente isterismi, gesti o smanie, ascolterete nella voce di Butterfly che sarà ancora Eva Golemi, men che meno nella più celebre delle arie, “Un bel dì vedremo”, e nelle parole chiave, “un po’ per celia, un po’ per non morire”, in cui già vediamo una decisa presa di coscienza della geisha: la tendenza a dare al volume sonoro, quella pienezza di movimenti sintattici per porre in luce qualcosa di persistente, quel fondo di tenacia eroica che emerge dalla passione della protagonista e che giustifica la tragicità della sua suprema risoluzione è affidato all’armonia pucciniana sempre premonitrice del finale, alla voce dell’orchestra e al maestro che saprà leggerlo. Ed eccoci a La Bohéme, del primo quadro, ove la Panza coglierà il suo bacio d’aprile, otto battute di inenarrabile emozione e Rodolfo corteggerà la sua soave fanciulla. C’è molto movimento in Gianni Schicchi, c’è una continua trasformazione di incisi e intervalli e si canta poco, nel senso del canto tradizionalmente pucciniano. “Effetto commedia” ed effetto Falstaff, ma anche testimonianza di quell’esercizio stilistico da cui il Trittico non prescinde nell’atto comico. “Questa a peccar con esso così venne, falsificando sé in altrui forma, come l’altro che là sen va, sostenne, per guadagnar la donna de la torma, falsificare in sé Buoso Donati, testando e dando al testamento norma”. Sarà Gezim Myshketa, a falsificare la voce di Buoso con “Era uguale la voce”
Si passerà, quindi, a Manon, con il celebre Intermezzo, con il suo ripieno armonico discretissimo fatto ora di violoncelli col loro moto cromatico e alla seconda e terza viola, le inquiete fluttuazioni, l’ambientazione armonica in settime che non risolvono, che non “possono” risolvere, è un bel sentire wagneriano, anzi tristaniano, sicuramente un “esperimento operistico” dei tanti portati avanti da un Puccini che non ha ancora ben individuato un proprio percorso artistico ed estetico. Vincenzo Costanzo sarà Des Grieux con “Donna non vidi mai” dal carattere languido e sognante e le corde divise su diverse ottave, sottolineando la passione per Lescaut con note in registri estremi.
Ed ecco Tosca, che avrà la voce di Alessia Panza, che entra in Sant’Andrea della Valle e quel “Mario, Mario…Son qui”, tra l’elogio all’occhio nero e un freno alla gelosia, con il signor tenore Vincenzo Costanzo. L’orchestra descriverà come per appunti, abbastanza in fretta, ma con osservazione scrupolosa, nel mezzo di tanto lavorìo, smetterà di ciarlare e, attraverso la bacchetta del maestro, si gonfierà, minaccerà, singhiozzerà, insulterà o pregherà e quanti ascolteranno non potranno fare a meno di pensare come Giacomo Puccini la “sa bene l’arte di farsi amare”. Tosca ma su tutti Scarpia, la morte e il male ottoni, bassi e cassa sono gli strumenti del barone, con le sue perversioni proiettate verso espressionismo e dodecafonia, con quei suoi tre accordi che si aprono alla “serie”, ma non all’uso, vent’anni prima che Schoenberg la teorizzasse, tre accordi in testa all’opera, che racchiudono sadismo ed eccitazione sensuale, tra colpo di bastone autoritario in terra e l’ambiguo e viscido toccare le mani di Tosca col pretesto del segno della Croce, per poi esplodere, fisicamente nel corpo degli ottoni, giganteggia in tutta la sua crudeltà nell’acuto e al grave dell’ultimo accordo, come s’incarna nel grandioso cerimoniale del Te Deum, in cui bisogna che gli interpetri, Gezim Myshketa e Jacopo Sipari e in particolare l’orchestra, lascino intuire la duplicità di violenza e suadenza, brutalità e modi da barone, camera di tortura e vin di Spagna, racchiusa nel movimento dissonante di quinta diminuita e nella sensualità del movimento cromatico all’acuto. Alessia Panza eleverà il “Vissi d’arte” che ha l’effetto di un lamento-preghiera, è quello di dilatare il tempo psicologico, come se davanti agli occhi di Tosca passasse in pochi istanti tutta la sua vita. Eva Golemi sarà la Suor Angelica di “Senza Mamma o bimbo, tu sei morto”, alla ricerca dell’equilibrio nel teatro dei suoni, in un fiato che attraverserà l’orchestra, in un fraseggio, in un crescendo, in un rallentando, in un accento o nel vibrato degli archi pensato nell’intimo e realizzato. Finale affidato a Mario Cavaradossi (Vincenzo Costanzo) con la compiuta e appassionata confessione di “E lucevan le stelle”, in cui scorrono nuove immagini sull’ancia nostalgica del clarinetto.