L’Ensemble Salerno classica che ha chiuso la prima edizione di San Michele in musica si è trovata a sostenere l’esecuzione del primo quartetto di Ferruccio Busoni, nonché assieme al pianista Costantino Catena, il concerto di Robert Schumann in La minore, praticamente senza violini. Pollice verso per Mario Dell’Angelo ed Alessandro Marino giunti, impreparati all’importante evento
Pubblico e musicisti nell’imbarazzo venerdì sera, nella sala del Cenacolo del complesso di San Michele, ove si è svolto il quinto ed ultimo appuntamento della rassegna di Salerno Classica, per il suo segmento autunnale, ospite della Fondazione Carisal, presieduta da Domenico Credendino, che accompagna da tempo le attività culturali dell’associazione Gestione Musica di Francesco D’Arcangelo, nel suo progetto sovvenzionato dal MIC e regione Campania legge 6. In programma un omaggio per il centenario della scomparsa di Ferruccio Busoni, offerto dal quartetto di Salerno Classica composto dai violinisti Mario Dell’Angelo ed Alessandro Marino, con Piero Massa alla viola e Francesco D’Arcangelo al violoncello, con l’esecuzione del Quartetto n°1 in Do op.19 di Ferruccio Busoni. Se le influenze di Mendelssohn e Spohr sono evidenti nella mente di Busoni nel corso di questa composizione , con un intreccio contrappuntistico chiaramente bachiano, il compositore fornisce solo occasionalmente agli esecutori dei passaggi chiari e brillanti che avrebbero permesso loro di mostrarsi al meglio, in pagine sì ancora “verdi”, ma che già testimoniano il gusto architettonico, il dinamismo giovanile e la bellezza melodica. E’ questo un busoni che si affaccia alla cameristica dialogando non solo con la tradizione ma con il presente che sta vivendo, cercando di trovare la propria via, ed è perciò opera di non semplice tessitura. Theodor Wiesengrund Adorno, in un’epoca di declino musicale e sociale, individuò nella musica da camera una chiave di salvezza per perpetuare un vero rapporto umano, secondo i valori del rispetto e dell’anelito alla perfezione. Busoni, come Schumann e Adorno sono stati ampiamente traditi venerdì sera, ad opera dei due violinisti del quartetto Mario Dell’Angelo ed Alessandro Marino, i quali si sono presentati in pubblico, con una sommaria lettura delle parti, nemmeno in ordine sui leggii, pretendendo di dare, all’impronta, un senso complessivo all’opera, in cui forme, melodie, timbri, ritmi e silenzi si trasformano tra analogie e differenze. Salerno Classica, in cui ci troviamo ad operare e a seguire, ha nella sua essenza il praticare la musica come etica del vivere, comunicando quella viscerale passione, il messaggio di quest’arte a tutti, con rigore e gioia, nell’ambito del rito del concerto, nel quale si condivide un momento che è patrimonio di un’umanità che cresce e migliora attraverso un’azione etica, ad ogni livello, ovvero a quanti siano stati iniziati o meno a quel simbolo universale che è il segno musicale, misterioso ed iridescente poiché dal pentagramma, su cui è posto, si trasforma attraverso l’interpretazione dei musicisti, nonché dello stesso uditorio, dando l’incipit a riflessioni infinite su comunicazione, percezione, emozione. Venerdì sera i due violinisti hanno tradito questa azione etica poiché non hanno nemmeno tentato di preparare con diligenza, impegnandosi a fornire al meglio delle proprie capacità, la performance artistica, ponendo in seria difficoltà gli altri due componenti del quartetto. “Sconcerto” per i numerosi musicisti e docenti presenti in sala posti dinanzi ad un’esecuzione, diremmo ad essere clementi, fantasiosa e dismogenea nei confronti dell’universo giovanile busoniano, chiamato in causa sul tema “Romanticismi a confronto” con il brano seguente che è stato il Concerto op.54 in La minore di Robert Schumann, affidato al sentire musicale di Costantino Catena, reduce dal successo di critica e pubblico presso l’Opera Nazionale di Tirana. Costantino Catena si è mosso su di uno specchio opaco, quasi un sogno kafkiano, poiché l’ensemble Salerno Classica ha dovuto, purtroppo, schierare la stessa formazione, al quale si è aggiunto l’eccellente contrabbasso di Gianluigi Pennino, ritrovandosi a suonare a memoria, quasi in assenza delle due linee melodiche dei violini, che avrebbero dovuto pur fare da punto di riferimento, in un paritario dialogo. Quindi, doppio merito al pianista, che interprete di una partitura altamente virtuosistica, con un approccio schietto e chiaro, è riuscito, comunque, a far vibrare quelle sfumature di luce, mostrando la preziosa ricchezza timbrica di una tavolozza in cui i colori si sono stemperati nell’insieme senza accostamenti spigolosi, protagonista di una fine trascrizione firmata dallo stesso Francesco D’Arcangelo. Intenso l’Andantino grazioso che è risultato un momento di raccoglimento intimistico, non privo di risonanze beethoveniane, mentre d,i straordinario effetto armonico-timbrico, poi, il passaggio all’ultimo tempo Allegro vivace con il finale che ha irrotto trionfalmente tra brillanti e splendenti sonorità con il tipico Schwung dell’anima schumanniana. Applausi e bis con Costantino Catena, stavolta da solo, il quale visto il momento conviviale post-concerto, interamente dedicato a Giuseppe Verdi presso il circolo Canottieri Irno, ha donato una inappuntabile interpretazione della Paraphrase de concert S 434 di Franz Liszt dal Rigoletto, con il suo celebrato quartetto. Cena sopra le righe nel salone del sodalizio bianco-rosso, ove Slow Food ha atteso i suoi ospiti con una reinterpretazione da parte dei suoi chef dei piatti verdiani, rinnovando la sua partitura di colori, sapori e profumi.