Terzo appuntamento, giovedì 11 aprile, presso il teatro Aleksander Moisiu di Durazzo, per la prima edizione del Festival AlBa, che vedrà protagonista il Gesualdo Ensemble & Choir diretti dal Maestro salernitano Francesco Aliberti
di OLGA CHIEFFI
Continua con buon concorso di pubblico la I edizione dell’ Alba, Albania-Basilicata Music Festival, organizzato dal Conservatorio Statale di Musica “Gesualdo da Venosa” di Potenza, diretto da Felice Cavaliere, col contributo della Regione Basilicata, ospite del Teatro dell’Opera di Tirana, del sovrintendente Abigeila Voshtina, la cui direzione artistica è firmata dal docente di esercitazioni orchestrali della massima istituzione musicale potentina il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli, il quale ha accolto questo secondo progetto, dieci appuntamenti dedicati alla musica barocca, che seguono la rassegna jazzistica, svoltasi nell’autunno scorso, sempre a cura del conservatorio lucano. “L’esperienza del festival barocco AlBa – ha commentato il direttore del Conservatorio “Carlo Gesualdo da Venosa” Felice Cavaliere – fa seguito al cartellone dedicato al jazz con dieci concerti tutti molto seguiti, un genere certamente nuovo in Albania, che testimonia la vitalità di un conservatorio giovane, ma capace di produzione di elevato livello. Abbiamo quindi organizzato dieci concerti di musica barocca e classica che hanno preso il via a fine marzo e ci accompagneranno con cadenza settimanale sino al 19 giugno. I due festival vanno così a dissolvere una criticità, amplificata poi dal periodo di pandemia, ovvero l’internazionalizzazione, Erasmus, e gli scambi tra i diversi paesi che vede già in entrata studenti cinesi, libanesi, movimenti interessanti di docenti con la Spagna e il Portogallo. Riguardo i cartelloni, questo è il primo esperimento che sta portando ottimi frutti per l’esportazione all’estero della nostra produzione, per la cui realizzazione abbiamo il sostegno economico della regione Basilicata”.
L’AlBa festival vivrà il suo terzo appuntamento giovedì 11 aprile, presso il teatro Aleksander Moisiu di Durazzo, alle ore 19, che vedrà protagonista il Gesualdo Ensemble & Choir diretti dal M° Francesco Aliberti, docente del conservatorio lucano, nonché direttore del coro del Teatro Verdi di Salerno. La serata dal titolo “La Piazza, la Chiesa, il Teatro”,saluterà in palcoscenicoi soprano Noemi Sangiacomo, Samantha Franchino, Daiana Bianco e Francesca Fanuele, il baritono Vito Nigro, il basso Marco Falvella, i violinisti Marco Salvato e Vita Cisullo, il violoncellista Samuele Notarfrancesco, il mandolinista Marco Sacco, il chitarrista Fabio Beccasio, il percussionista Rocco Visconte e al clavicembalo e conduzione Francesco Aliberti.
Lutero riteneva che qui bene cantat bis orat: chi bene canta prega due volte. Ma non solo l’amore per la musica aveva permeato il suo radicale progetto di ripensamento della fede cristiana. In particolare egli si era accorto, memore delle teorie antiche sul rapporto tra musica, politica e psicologia, degli enormi influssi che l’arte dei suoni può esercitare sull’anima, per far convergere, attraverso gli artifici della retorica, il pensiero e l’azione verso precisi obiettivi. Si può dire che l’invenzione del corale abbia contribuito fortemente al successo sociale e politico dell’iniziativa luterana, favorendo la strutturazione di quell’etica protestante che Weber pone a fondamento dello spirito del capitalismo. L’efficacia di questa intuizione, che porta a frutto l’antica dottrina dell’ethos, fu riconosciuta persino dalla Chiesa romana, che nel clima di Riforma cattolica inaugurato dal Concilio di Trento, grazie all’opera di san Filippo Neri, raccolse la provocazione luterana e si adoperò per una semplificazione della musica religiosa attraverso lo sviluppo della lauda polifonica, in cui la semplicità di spirito della lauda francescana si coniuga alla freschezza espressiva delle villanelle, in uno stile di canto che richiama la musica popolare attraverso il ricorso a una spiccata polimetria, al dialetto e all’uso di strumenti a percussione e dal sicuro effetto coloristico. Il brano introduttivo, Ecco il Messia, composto nel solco della Riforma fallita di Savonarola, palesa un fervore religioso che funge da modello per le laude del Cinquecento, molte delle quali restano anonime. Tra gli autori di cui si ha notizia vale la pena ricordare Francisco Soto de Langa, che traduce la devozione popolare in un vivace ricorso al ritmo e anticipa – nei brani più intimi quali Giunto che fu quel giorno e Mentre ti miro – soluzioni di colore vocale che già appartengono al mondo dell’opera. Significativo è il contributo alla scuola napoletana di compositori quali Roccia, Gorzanis, Primavera: in particolare quest’ultimo, attivo nel circuito del principe Gesualdo, in “Tre donne belle”,mette in luce gli aspetti più eccentrici della villanella alla napolitana, anche per lo spazio riservato alla figura femminile, non più imprigionata nel cliché della donna angelicata o dell’oggetto di venerazione amorosa, ma energica e battagliera protagonista della propria sfera sentimentale. Persino la musica profana dell’epoca risente del clima spirituale e della tensione etica della Riforma cattolica, con precisi richiami a quelle allegorie morali (Anima e Corpo) che avviano la stagione dell’opera romana e dell’oratorio barocco. In Donna Celeste è chiaro il riferimento a Dante (Paradiso XXXIII), mentre nella simbologia di Vurria addeventare pesce d’oro si percepisce l’eco della tradizione cristiana, della visionaria urgenza di un Amore incorruttibile e universale. Nelle villanelle di Giovanni Girolamo Kapsberger, “Figlio dormi” e “ O fronte serena”, ritroviamo lo stesso gusto per l’immediatezza melodica che caratterizza i brani vocali unito alla sapienza contrappuntistica e all’ utilizzo assai raffinato della variazione strumentale.
Il teatro sarà rappresentato dal duetto dell’Incoronazione di Poppea “Pur ti miro” di Claudio Monteverdi. Pura armonia di due voci. Due nitide linee melodiche che restituiscono dell’amore l’abbandono alla passione. Ogni giudizio è sospeso, ogni conseguenza non prefigurata: l’amore è adesso, finalmente. Ogni incontro di suoni, tra le note del duetto, dice questo. Ogni singolo verso del testo, e l’intero svolgersi dell’azione scenica, mettono al centro la passione amorosa, sottraendola al tempo. Nerone e Poppea, finalmente soli l’uno di fronte all’altra, non si curano di quello che sarà, come non si curarono di chi li ostacolava. Si realizzano le premesse poste nel prologo dell’opera: Amore vince su Virtù e Fortuna. In “Anima mia che pensi” è concentrato il pensiero di Pascal, col senso di angoscia dell’anima e il suo bisogno di autenticità che solo in Dio può trovare soddisfazione. Il ricorso a voci sia liriche che naturali (anche nei soli) e il supporto di violini e basso continuo – con violoncello, chitarra, mandolino, clavicembalo e percussioni – creano un’alternanza di atmosfere in bilico tra sacro e profano, adattissima per esplorare un territorio di confine tra musiche diverse – popolare, antica e classica – che si colloca all’origine di molte maniere del nostro far musica, dall’oratorio alla canzone napoletana, fino al pop.